Ma colui che è stato soprannominato “il padre del sax”, Coleman Hawkins, non ha seguito nessuna di queste strade. Non è stato certamente il primo a suonare il sassofono in un’orchestra jazz ma fu il primo a farlo in questo modo: fraseggio versatile, sonorità calda e rauca, capace di andare dall’urlo più aggressivo al bisbiglio più sensuale, il <<Bean>>, diede al sax una levatura di cui ancora oggi non si finisce di misurare l’estensione. Senza rivali all’inizio (eccetto Prince Robinson e Bud Freeman, in un registro completamente diverso), segue sempre con un’attenzione da rapace (coincidenza: il suo diminutivo, Hawk, Significa “falco”) l’evoluzione del jazz, sentendo il bisogno di confrontarsi con le musiche successive come quella dei bopper o apparentemente estranee al suo stile come quella di Thelonious Monk. Fra i seguaci di Hawkins, suoi contemporanei, bisogna citare il texano Herschel Evans, che suonò con Basie, Ben Webster, dalla caratteristica sonorità, offuscata da un’enorme quantità d’aria, e Chu Berry, dallo stile particolarmente fluido. Ma questa corrente ebbe delle ramificazioni in tutte le epoche del jazz: Don Byas, Ike Quebec, Eddie Lockjaw Davis, Illinois Jacquet, poi Paul Gonsalves, Lucky Thompson, Booker Ervin, addirittura Sonny Rollins e Archie Shepp, musicisti che sono tutti, più o meno, i discendenti stilistici di Coleman Hawkins.
...continua la prossima settimana... Appuntamento oggi alle 23:00 con la SAXOPHONE PLAYLIST |
AuthorMarco Girgenti Meli - Station Manager Archives
Gennaio 2021
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